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lunedì 1 giugno 2020

Natale a New York!





New York. Due semplici parole, ma che in me evocano un turbinio di emozioni.
New York nel 2012 per il nostro viaggio di nozze; una città cosi intrisa di colori, suoni e profumi da non averne mai abbastanza. Allora non avrei mai pensato che da li a pochi anni mi sarei trasferita in America, nemmeno nei miei sogni più rosei avrei creduto che sarei stata a sole quattro ore di distanza e che ci sarei potuta tornare ogni volta che avrei voluto.

Quando arrivi in una nuova nazione i primi di Dicembre, pensi subito a come trascorrerai il Natale.
Il clima natalizio in America è particolarmente frizzante, con addobbi esagerati ovunque e quel via vai nelle città di macchine e taxi gialli.

Ad Arlington il Natale era un po diverso. E' una cittadina per lo più popolata da single o giovani coppie che lavorano nella vicina Washington DC; professionisti, uomini e donne in carriera, che non rinunciano all' aperitivo con gli amici ed acquistano cibo da asporto da Whole Foods.

Trascorsi i primi giorni di euforia e adrenalina e dopo aver disfatto i bagagli e smaltito completamente il jet lag, decidemmo che era ora di organizzare le Feste. 
Dove avremo trascorso Natale? La risposta fu subito chiara: New York! 
Cercammo frettolosamente su Booking un albergo che fosse centrale e comodo per gli spostamenti e The Watson Hotel sulla 57esima strada, Midtown di Manhattan, faceva proprio al caso nostro. 

Muoversi negli Stati Uniti sembrava cosi semplice per noi, che da isolani, eravamo abituati ad organizzare tutti i viaggi con mesi di anticipo, sempre schiavi dei voli in continuità territoriale, dei traghetti, di scioperi vari ed eventuali e di possibili condizioni meteo avverse. 

Il giorno della partenza eravamo super carichi (anche di bagagli) ed emozionatissimi.
I bambini non avevano mai visto New York, ma io gliene avevo parlato tanto quando in televisione capitava di vedere l'inconfondibile Skyline o quando, tutti vicini vicini sul divano, vedemmo per la prima volta il film " Miracolo sulla 34esima strada".

Arrivare a New York in macchina è un esperienza totalmente diversa dal viaggio in aereo.
Da Arlington avevamo percorso la statale 95 per quasi 3 ore e poco dopo li vedemmo, li in lontananza, imponenti e bellissimi i grattacieli ci davano il benvenuto nella città che non dorme mai. Il mio cuore scoppiava di gioia e la sensazione che in America ogni sogno fosse realizzabile era più forte che mai.

Ci sistemammo velocemente in albergo e ci catapultammo subito per le strade della Grande Mela.
Era una giornata senza nuvole e li da qualche parte, tra tutti quei grattacieli, sicuramente c'era il sole. L'aria era frizzante e fresca,  ma non troppo. 

I locali brulicavano di persone che cenavano, di turisti che cercavano lo scorcio perfetto per la loro foto ricordo e ovunque si udivano musiche natalizie. 

Solo due giorni prima c'era stata un abbondante nevicata su New York e ancora c'erano alcuni cumuli di neve sporca al lato delle strade. 
Il Natale perfetto nella Grande Mela sarebbe stato con la neve, proprio come nei film, ma probabilmente questo avrebbe reso difficili gli spostamenti a piedi con due passeggini, quindi era meglio cosi.

Trovammo un localino vicino all' hotel e gustammo un ottimo hamburger con patatine croccanti. 
Mi venne spontaneo chiedere la mayonnaise, ma la cameriera mi guardò storto. 
Con il tempo ho capito che questa salsa non è affatto comune come in Italia e che gli americani preferiscono di gran lunga il ketchup, la salsa barbecue e mille altri condimenti di cui non ricordo nemmeno il nome.

Dopo cena facemmo una veloce puntatina a Time Square, affollata da centinaia di persone che affascinate e rapite dai colori sgargianti dei mega schermi e dalla musica, scattava foto o mostrava in alla famiglia lontana in videochiamata, quel posto pazzesco e meraviglioso: il centro del mondo.

Quella sera rimasi sveglia sino a tardi, a scrutare da dietro i vetri della nostra stanza al decimo piano la città che non dorme mai. I suoni di New York mi cullarono e mi fecero sentire a casa, in un riverbero ancestrale di ricordi e sensazioni, come se nel 2012 non fossi mai andata via.

L'indomani mattina era la vigilia di Natale. 
Ci svegliammo presto e dopo un abbondante colazione da Starbucks dall' altro lato della strada, ci incamminammo verso Bryant Park. Costeggiammo il Crysler Building sino all' Empire State Building, l'edificio più fotografato al mondo. 
Decidemmo di non salire perchè c'era una lunga fila di turisti che aspettavano di entrare e non volevamo sfidare la sorte, rischiando che i bambini si spazientissero per la lunga attesa.

L' ingresso di Macy's Herald Square, uno degli store più grandi degli Stati Uniti, era come di consueto affollato da molti turisti e da tanti americani che acquistavano i regali dell' ultimo minuto. 
In una mano l'immancabile bicchierone di caffè bollente e nell' altra buste stracolme. 
Sebbene avessi una voglia matta di entrare e passare al setaccio ogni singolo angolo di quell' immenso negozio, lasciai perdere. Probabilmente avrei trascorso l' intera vigilia li dentro, sapendo quanti vestiti e scarpe avrei potuto misurare. 
Ma New York era molto altro e lo shopping poteva aspettare. Ahimè.

Fine prima parte
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giovedì 23 aprile 2020

Il nostro arrivo negli USA


Quando dall'ufficio immigrazione ci e' stato chiesto di scegliere la data di arrivo in America, io e Andrea eravamo in disaccordo. Dopo quasi un anno di preparativi, pile di documenti da tradurre, fotocopie e timbri vari, sinceramente io non vedevo l'ora di salire su quel benedetto aereo e iniziare quest'avventura.
Sarei voluta partire il prima possibile, mentre mio marito avrebbe voluto trascorrere almeno il Natale con la famiglia. Pero' si sa che dopo Natale c'e' Capodanno e poi l'Epifania...insomma, saremmo mai riusciti a partire? 😒
Quando lasci il tuo paese, i tuoi cari e gli amici di una vita, non esiste un momento ideale. Ad un certo punto devi semplicemente prendere le forbici e tagliare quel cordone ombelicale. Cosi abbiamo deciso: il 5 Dicembre.

Dopo un viaggio che ci e' sembrato interminabile ( in realta' lo e' stato davvero), il nostro volo ha toccato terra. Avevamo immaginato e atteso quel preciso momento per mesi e mesi e adesso lo stavamo vivendo davvero....ce l'avevamo fatta, eravamo in America!
Frastornati dal fuso orario e dal fatto che i bambini non avevano praticamente chiuso occhio per tutta la durata della traversata, una volta sbarcati siamo stati calorosamente ( si fa per dire ) accolti da una tramontana americana di tutto rispetto e dai suoi -4. 🙈 Forse saremo dovuti partire a Giugno.

La nostra prima casa qui negli Stati Uniti e' stato un appartamento ad Arlington, una contea della Virginia di fronte a Washington DC., dall' altra parte del fiume Potomac.
E' una meta molto conosciuta per il suo famoso Cimitero militare, in cui riposano in pace veterani di tutte le guerre statunitensi, personalita' di vario genere come astronauti, politici e presidenti americani.

C'erano delle cose che sin dal nostro arrivo ci avevano colpito, come l'immensita' dell' interstatale che dall' areoporto arriva ad Arlington con le sue 4 o 5 mega corsie e la grandezza delle macchine americane. Nessuna traccia delle nostre utilitarie, che nel mio immaginario sarebbero stati degli squisiti bocconcini per quei mostruosi Truck con le ruote alte un metro.
L' ingresso nella hall del nostro nuovo appartamento e' stato sicuramente il momento stupore numero tre, balzato in un attimo in cima alla classifica. Una hall magnificamente addobbata per Natale, con un grandissimo camino acceso, un enorme divano e un via vai di persone sorridenti e perfettamente a loro agio.
E' stato decisamente quello il momento in cui mi sono sentita davvero in America. Da quel preciso istante ho avuto la sensazione che tutto sarebbe stato meraviglioso e sorprendente. A posteriori non mi sbagliavo.
Il nostro appartamento all' undicesimo piano era esattamente di fronte al Pentagono, ma questo lo scoprimmo solo il giorno dopo con le prime luci del giorno.

Quella prima sera negli Stati Uniti, dal divano di fronte alla grande vetrata, potemmo goderci le luci della citta', l'Obelisco illuminato e la Casa Bianca in lontananza.

Provo ancora forti emozioni quando ripenso al nostro arrivo in America.
Ricordo ancora quella sensazione allo stomaco, di paura e adrenalina, che ti spinge a chiederti se hai preso la decisione giusta. Guardavamo le cose con lo stupore di un bambino, ma con la consapevolezza che da genitori avevamo la piena responsabilita' dei nostri figli e della loro serenita', in un paese che non era il nostro.

Sembra passata una vita, invece sono solo pochi mesi. Abbiamo cambiato casa, citta' ed e' cominciata la vera vita americana da residenti.

Take Care
Francesca
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mercoledì 22 aprile 2020

L'inizio di un sogno




La vita é imprevedibile.

È una di quelle frasi fatte che sentiamo dire spesso, ma di cui capiamo il reale significato solo in occasione di eventi che stravolgono la nostra esistenza. 
Quando pensi di aver raggiunto un certo equilibrio, di aver messo tutti i tasselli al loro posto, ecco che ti si presenta la possibilità di trasferirti oltre oceano e ricominciare daccapo, schiacciare il tasto play e stare a vedere quello che succede.

Detto tra noi è la svolta che stavo aspettando, anche se decisamente più in grande di come l'avevo immaginata. Non male come prospettiva, quando  a 40 anni non riesci più a trovare una tua collocazione nella società, perché il mondo del lavoro ti ha costretta a scegliere tra i tuoi figli e la carriera.

Mi chiamo Francesca, sono una sognatrice, una moglie e una mamma.
Sono appassionata di cucina tradizionale, ma adoro anche sperimentare nuove ricette da tutto il mondo. Sono creativa, curiosa e costantemente alla ricerca di nuove prospettive. Superata parzialmente la mia paura di volare, mi sono scoperta anche una grande amante dei viaggi.
Quattro mesi fa io, mio marito e due dei nostri tre figli, ci siamo trasferiti dalla calda e soleggiata Sardegna agli Stati Uniti, per provare a realizzare il "sogno americano". 
È stato un percorso lungo e difficile, non privo di ripensamenti, dubbi, sensi di colpa e con il timore di un futuro incerto in un paese straniero. Sono stati mesi duri che ci hanno segnato, ma che abbiamo affrontato con entusiasmo verso tutte le nuove sfide che ci attendevano. 

Ho deciso di aprire questo blog per raccontare la nostra storia, di Italiani espatriati all'estero con figli piccoli. Condivideró con voi la nostra routine quotidiana in un tipico quartiere americano, la scoperta dei tanti prodotti  per lo più sconosciuti in Italia e l'incredibile varietà di cibi etnici, davvero per tutti i gusti.

Ho anche diversi sogni nel cassetto che spero di realizzare presto, primo fra tutti aprire una locanda per tutti i connazionali e non che desiderano visitare gli Stati Uniti, senza rinunciare al calore dell'accoglienza tipicamente italiana.

Ci auguriamo che la nostra esperienza possa essere di esempio a coloro che sognano di trasferirsi in America con la famiglia, per un breve periodo o perché no, per mettere radici. 





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